Ricorre oggi la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1999, rappresenta un’occasione per riflettere su questa grave violazione dei diritti umani. Intervista a Marta Rodríguez, coordinatrice dell’attività accademica e di ricerca dell’Istituto di studi superiori sulla donna dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum
Una donna su tre subisce violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita, nella maggior parte dei casi dal proprio partner. Circa 750 milioni di ragazze o bambine si sono sposate prima dei 18 anni di età, mentre 200 milioni hanno subito mutilazioni genitali femminili. Una donna su 2, nel 2017, è stata uccisa dal proprio partner o da un familiare, mentre solo 1 uomo su 20 ha perso la vita in circostanze analoghe. Il 71% delle vittime del traffico di esseri umani sono donne e bambine di cui tre su quattro vengono sfruttate sessualmente. I dati allarmanti riportati dall’agenzia specializzata delle Nazioni Unite, Un Women, ci fanno comprendere quanto la violenza contro le donne sia un fenomeno ancora troppo diffuso.
Il 25 novembre
Una giornata, quella di oggi, che si propone di mandare un messaggio forte e chiaro: “non possiamo abituarci alla violenza, non deve essere tollerata”. Sono queste le parole di Marta Rodríguez, coordinatrice dell’attività accademica e di ricerca dell’Istituto di studi superiori sulla donna dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. “L’Evangelii Gaudium – precisa Rodríguez – ci ricorda che il Vangelo deve avere conseguenze sociali. La nostra parola si deve sentire laddove la violenza è presente, dobbiamo lasciarci interpellare dalla violenza e interpellarla a nostra volta”.
L’Istituto di studi superiori sulla donna del Regina Apostolorum
Nato nel 2003, l’Istituto è uno dei primi centri ad adottare un approccio sistematico e multidisciplinare nello studio della condizione femminile, promuovendo la collaborazione uomo-donna in ogni ambito: dalla ricerca alla Chiesa, dal mondo del lavoro all’economia. Diverse le iniziative lanciate al fine di riflettere e promuovere la prospettiva delle donne. Tra queste, il progetto, finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, “Not in my name”, che coniuga la prevenzione e il contrasto alla violenza sulle donne con il dialogo interreligioso. “Un’iniziativa molto bella – commenta Rodríguez – dedicata a studentesse e studenti delle scuole superiori e realizzata in collaborazione con l’Unione delle comunità ebraiche in Italia e con la Comunità religiosa islamica italiana”. Il programma prevede una parte formativa, con seminari e incontri, e un concorso finalizzato alla realizzazione, da parte dei ragazzi, di una campagna di comunicazione innovativa per contrastare la violenza contro le donne. “Abbiamo anche organizzato – continua – giornate formative destinate a persone impegnate in ambito scolastico ed educativo insieme ad un programma di formazione per agenti pastorali: confrontandosi sempre più con questa problematica, è necessario comprendere come affrontarla”.
“ Quante donne sopraffatte dal peso della vita e dal dramma della violenza! Il Signore le vuole libere e in piena dignità. (Papa Francesco) ”
La violenza contro le donne
“Si tratta – spiega Rodríguez – di un fenomeno estremamente complesso in cui intervengono fattori psicologici, culturali e sociali”. Su questo fronte, la Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, adottata dal Consiglio d’Europa nel 2011, promuove la ricerca in questo campo. “Credo che alla base – aggiunge – ci sia una ferita dell’identità: l’uomo violento non è più uomo, ma è meno uomo. Si tratta di una fragilità di lui e di lei che deve essere affrontata”.
Formazione è prevenzione
In prima linea contro la violenza sulle donne, “ci deve essere una formazione delle nuove generazioni e degli agenti pastorali che a volte si trovano davanti a questo fenomeno, non avendo gli strumenti per affrontarlo”, afferma Rodríguez. È questa una formazione preventiva e a lungo termine incentrata sulla propria identità e sul rispetto dell’altro. “Serve, in questo campo, una cultura di tolleranza zero che diventi parte integrante della mentalità di tutti, potenziali vittime, agenti pastorali e formatori inclusi”. Un ambito in cui “abbiamo ancora molta strada da percorrere”.
Quanto è difficile dire “basta”
“Le donne fanno molta fatica a riconoscere che sono vittime di violenza e spesso inconsapevolmente giustificano il loro aggressore” sottolinea Rodríguez. Per la coordinatrice, c’è poi una particolare resistenza nel compiere un passo decisivo: nel denunciare e nell’uscire dalla situazione di violenza. “È estremamente difficile per loro dire ‘basta, metto fine a questo’”.
“ Non abbiate paura, non siete sole. Non abbiate paura di denunciare, ce la potete fare. C’è sempre una via d’uscita. Siete preziose. Ogni gesto, ogni voce che vi faccia pensare il contrario, non è vero e non corrisponde alla vostra identità. (Marta Rodríguez) ”
Fonte Vatican News